Il Centro Studi Mythos – Istituto di Psicoantropologia Simbolica, presenta:
Le Creature di Prometeo
Tavola rotonda e mostra fotografica
22 maggio – 6 giugno 2010
Archivio Storico di Bracciano
Programma:
Sabato 22 maggio (Sala Conferenze dell’Archivio Storico di Bracciano)
ore 17:00 – Fotografia: Arte e Tecnica, tavola rotonda a cura del Centro Studi Mythos. Presiede Maria Pia Rosati, interverranno inoltre insieme all’artista Alessandra Capodiferro, Marco Casciello, Marco De Gemmis, Valerie Scott, Jane Elisabeth Shepherd, Guy Weill Goudcheaux.
ore 19:00 – inaugurazione della mostra Le Creature di Prometeo di Lorenzo Scaramella.
La mostra sarà aperta dal 22 maggio al 6 giugno 2010 tutti i giorni, ore 10.30-12.30 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì.
Archivio Storico, piazza Mazzini 5, 00062 Bracciano (RM)
…“poi andò vicino alle figure di marmo, le toccò ad una ad una e subito le statue si trasformarono in esseri viventi”. Il modo con cui Lorenzo Scaramella si accosta alle statue antiche mi ha fatto spesso pensare a quella bella fiaba italiana in cui il protagonista, con l’aiuto di un oggetto magico, riscatta dall’incantesimo una folla di persone trasformate in statue. Basta sostituire la macchina fotografica alla piuma fatata o alla codina della lucertola d’oro, ed il gioco è fatto.
Penso anche a Giacomo Leopardi, cui capitava a Roma di girare, come io fo, attorno all’Apollo del Belvedere e alla Venere Capitolina”. Lorenzo molto ha girato attorno, in tempi recenti, ad alcuni capolavori della scultura antica, con esiti felicissimi. E’ capitato spesso di sentirlo parlare con grande empatheia dei ritratti repubblicani, o anche del drammatico gruppo del Galata suicida di Palazzo Altemps, a Roma, da lui più volte considerato. In quest’ultimo caso l’occhio di Lorenzo ha analizzato a fondo l’opera dal punto di vista del movimento come espressione di pathos, apprezzando la straordinaria capacità compositiva dell’antico maestro e il suo successo nel rappresentare quella che è sostanzialmente un’antifrasi, ovvero il movimento tramite l’immobilità.
Il gruppo bronzeo originario, collocato da re Attalo I sull’acropoli di Pergamo per celebrare una sua vittoria contro i Galati, era composto da statue di guerrieri ormai vinti e in punto di morte. Le copie marmoree pervenuteci – il malinconico Galata morente dei Musei Capitolini e il coinvolgente Galata suicida di Palazzo Altemps – ci tramandano un’eco vivida di quella rappresentazione. Se da un lato celebrava il valore del vincitore, allo stesso tempo riconosceva il coraggio e la dignità degli sconfitti: dei barbari, un popolo “altro”. La grande forza espressiva di questa scultura, con la spasmodica torsione verso l’alto dell’uomo e l’abbandono desolato della donna, ha determinato nel tempo il suo status di immagine-simbolo del riscatto degli oppressi. Non è un caso quindi che sia divenuta fonte di ispirazione per artisti e poeti, in particolare se votati alla causa dell’indipendenza dei popoli (uno tra tutti, Byron): l’immedesimarsi nella loro sorte suscita sympatheia, cioè condivisione di sentimenti, e stimola all’azione generosa.
Elizabeth J. Shepherd
Lorenzo Scaramella intreccia fittamente la propria ricerca con il passato: il passato della storia e tecnica fotografiche (da lui indagato e magistralmente pubblicato), raramente tanto fertile per un fotografo dei nostri giorni; e il passato della cultura e produzione artistiche, che tanto spesso lo spinge ad aggirarsi tra le sale dei musei più amati per osservare con intensa attenzione in particolar modo i capolavori della scultura classica. Lo incontrai proprio grazie a queste sue esplorazioni, e con vivo piacere, a oltre un decennio dalla mostra “Mortali immortali” – che con convinzione mi impegnai a organizzare nel Museo Archeologico di Napoli –, ne vedo nuovi, convincenti risultati: mi confermano nel pensiero di allora: se si raccontasse il suo lavoro in assenza delle sue fotografie, si potrebbe pensare a Scaramella come a una sorta di “archeologo”. Ma le immagini che crea sono quelle di un artista contemporaneo: non applicazioni di laboratorio, non documenti di procedimenti tecnici: perché il suo raffinato linguaggio ci regala opere che, mentre formano un discorso di grande valore estetico e capace di produrre emozione, invitano pure, aderendo allo spirito concettuale della ricerca artistica dei nostri giorni, a numerose e dense riflessioni, alcune delle quali lo stesso Scaramella ha talvolta lucidamente messo per iscritto, dimostrandosi autore consapevole.
Marco De Gemmis