INTRODUZIONE
La storia della fotografia è molto ricca di procedimenti di stampa oggi quasi completamente abbandonati. Le ragioni di questo abbandono sono varie, ma possono essere riassunte, brevemente ed essenzialmente, nel fatto che all’inizio del nostro secolo la fotografia divenne sempre di più un fenomeno industriale, mentre tutti i procedimenti in questione richiedevano per la loro esecuzione molto tempo e lavoro: risultavano, quindi, inadatti ad una produzione di massa. Di qui il loro progressivo abbandono in favore di altri procedimenti più rapidi e di minor costo.
Tutto questo non ha nulla a che vedere con la bellezza di queste tecniche ognuna delle quali è dotata di sue peculiari possibilità espressive e di una sua sintassi.
Poter disporre di molti mezzi espressivi è come possedere un vocabolario ricco di parole: esse danno spazio e possibilità ad un’espressione molto ampia ed articolata: permettono di esprimere sfumature non altrimenti estrinsecabili.
I miei personali interessi verso queste tecniche risalgono a diversi anni fa. Facevo fotografie, le sviluppavo e le stampavo con i metodi usuali , come tutti gli appassionati di fotografia.
Imparavo dalla mia esperienza, da alcuni libri e, soprattutto dalle riviste fotografiche che, all’epoca (negli anni ‘70), avevano un giusto equilibrio tra immagini e tecnica.
Periodicamente ero incuriosito da qualche articolo in cui si parlava, un poco favoleggiandone di “stampa al carbone”, di “carta salata” o di “stampa al platino”. In questi articoli si decantavano le qualità di queste tecniche ma si concludeva sempre ed invariabilmente sulla impossibilità di realizzarle al giorno d’oggi.
Feci qualche tentativo con la stampa al carbone, ignorando naturalmente che si trattava di una delle tecniche più difficili: i risultati non furono molto incoraggianti.Finiti gli studi decisi di dedicare a questi argomenti qualche approfondimento, ma, per farlo, decisi di abbandonare le varie riviste più o meno attendibili e di rifarmi direttamente alle fonti. Cominciai quindi una assidua frequentazione di biblioteche leggendo vari manuali e riviste della seconda metà dell’800.
Così ripartendo dall’inizio rifeci quello che poteva fare un fotografo dell’epoca. Non fu facilissimo, ma fu possibile. La mia attenzione si rivolse a quelli che erano reputati essere i procedimenti più belli con particolare attenzione a quelli più stabili.